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A TU PER TU CON LA POETESSA CATERINA ALAGNA

Qual è stata la scintilla iniziale che ha dato vita a “L’Odore dell’Anima”? C’è stato un evento particolare o un’esperienza personale che ha ispirato la raccolta?

Non c’è stato nessun evento in particolare. Scrivo poesie da quand’ero piccola, solo che non le mostravo mai a nessuno. Per cui per tanto tempo ho scritto poesie ma le riponevo nel cassetto della mia scrivania. Poi nel 2021 c’è stata la svolta. Ho deciso, infatti, di aprire un blog, Farfalle Libere, su cui ho deciso di pubblicare i miei versi. Quando ho visto che le mie poesie venivano ben accolte dal pubblico, ho deciso di aprire quel cassetto e dare alla luce questa raccolta cercando di mettere insieme le poesie che affrontavano le stesse tematiche.

Come ha scelto il titolo “L’Odore dell’Anima”? C’è un significato particolare dietro questa scelta?

La mia raccolta è un viaggio nei meandri più reconditi dell’anima, quelli dove, solitamente, sono stipati i sentimenti più dolorosi che cerchiamo di soffocare, di non guardare, di respingere ad ogni costo. Ma essi penetrano nel nostro quotidiano e ci restano addosso proprio come degli odori. Questo il motivo per cui ho scelto questo titolo.

Quali considera essere i temi centrali della sua raccolta e perché ha scelto di esplorarli?

I temi che ho deciso di affrontare sono numerosi e sono soprattutto di natura introspettiva. Nella mia silloge parlo di esperienze dolorose come il lutto, l’amore non ricambiato, la solitudine, l’ansia. Ma non mi limito a parlare di essi. Il messaggio che voglio inviare è che il dolore può essere superato, anzi, paradossalmente, affrontare il dolore è l’unico modo per arrivare alla luce. Ecco perché i temi dolorosi, in quasi tutte le poesie della raccolta, sono legati al tema della rinascita.

Come ha deciso quando utilizzare il verso libero e quando invece ricorrere alla rima? Qual è il suo processo di decisione in questo senso?

Io non ricorro, salvo qualche eccezione, a processi schematici in quanto la  mia poesia nasce spontanea. Essa è molto legata all’inconscio, per cui quando scrivo non faccio un lavoro di costruzione a tavolino, scrivo di getto. Poi, ovviamente, faccio sempre un lavoro di revisione, ma anche in quel caso, mentre rileggo la poesia, sempre di getto, mi nascono nuove idee per perfezionarla.

Qual è stata la sua intenzione nell’utilizzare l’epanalessi in alcune delle sue poesie? Come crede che questa figura retorica influenzi la connessione con il lettore?

La mia intenzione è far sì che il lettore si soffermi sui versi, spronandolo a leggere con maggiore consapevolezza, a indugiare sul concetto espresso. Diciamo che lo scopo è quello di dare maggiore enfasi al discorso per stimolare il lettore soprattutto sul piano emotivo. 

Come bilancia l’uso di un linguaggio contemporaneo con le note ermetiche nelle sue poesie? Quanto è importante per lei che i lettori interpretino liberamente i suoi versi?

Direi che il linguaggio è contemporaneo ma non del tutto esplicito.  L’uso di parole che si prestano a molte interpretazioni fa sì che il lettore possa avere una propria idea di quel che sta leggendo. Questo permette nuove letture, la nascita di nuove idee. Diciamo che è un modo di andare oltre la mente del poeta. Se è vero che il rischio è che il messaggio del poeta al lettore non arrivi, è anche vero che ne possono arrivare molti altri a cui il poeta non aveva neanche pensato.

In che modo la natura diventa un elemento chiave nel rappresentare i sentimenti e le emozioni nelle sue poesie?

La Natura nella mia silloge diventa il luogo dell’anima, perché spesso l’ispirazione nasce proprio da scenari naturali, come il mutare delle stagioni, la vista del mare o di un cielo stellato. Gli elementi della Natura amplificano il senso di solitudine e nello stesso tempo permettono all’anima di schiudersi, soprattutto se avvolta dal silenzio, e liberarsi.

Potrebbe parlare di come la sua poesia affronta il concetto di dolore e sofferenza come vie per la liberazione e la rinascita?

È un concetto che esprimo chiaramente nella poesia Aculei e margherite, in cui scrivo che la bellezza delle cose si riflette nello specchio del dolore. Diciamo che questo messaggio va letto sul piano psicologico. L’unico modo per superare il dolore è affrontarlo guardandolo negli occhi, lasciarlo parlare. Più si respinge il dolore, più esso continua a farci del male. Ascoltare il dolore permette anche di superarlo, perché in quel momento lo accetti e non ti fa più male, almeno nel senso più tragico del termine.  In tal senso, direi che la scrittura è terapeutica. Però vorrei sottolineare che non tutte le poesie parlano di un dolore vissuto sulla mia pelle, ma anche di storie che appartengono ad altre persone a cui, magari, sono molto vicina o con cui ho un legame.

Qual è il messaggio principale che spera i lettori traggano dalla sua raccolta?

Spero che passi il messaggio che c’è sempre una rinascita, perché molte delle poesie della raccolta si concludono con un messaggio di speranza, uno spiraglio di luce. Anche se, come ho detto in precedenza, la cosa più importante è che il lettore trovi il suo messaggio.

Ci sono autori o opere letterarie che hanno influenzato il suo stile o il suo approccio alla poesia in “L’Odore dell’Anima?

Sono molto affascinata dai poeti ermetici, ma non mi sento di dire che ci siano autori che hanno influenzato lo stile della raccolta in maniera particolare, anche perché ci tengo che il mio stile conservi la sua impronta autentica. È vero anche, però, che quello che leggi e che ti piace influisce sulla propria vita e implicitamente anche sulla scrittura. 

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